La Riserva Naturale Monte Rufeno si estende per 2893 ettari (circa 4000 campi da calcio) in posizione nord-nordest nel territorio aquesiano. I centri abitati di Trevinano e Torre Alfina, molto vicini alla riserva, rappresentano ideali punti di partenza per escursioni e visite all’interno dell’area protetta. L’emergenze naturalistiche e l’ambiente della riserva naturale sono stati descritti nelle schede che prendono in considerazione il territorio aquesiano nel suo complesso. Si tratta, comunque, di un bosco di querce con inframezzati piccoli appezzamenti a pino in cui il ridotto intervento antropico degli ultimi 30 anni ha permesso lo sviluppo di entità floristiche e faunistiche di notevole interesse. L’interdizione del traffico veicolare a motore e l’amenità dei luoghi conferiscono un particolare fascino a questo ambiente adatto a passeggiate a piede, a cavallo o in bicicletta, lontano dai rumori e dalle confusioni della città. Istituita nel 1983 dalla regione Lazio, la Riserva Naturale Monte Rufeno, gestita dal Comune di Acquapendente, fa parte del sistema dei parchi e delle riserve naturali della regione. Gli scopi dell’area protetta sono quelli di conciliare lo sviluppo economico e la conseguente creazione di posti di lavoro con la protezione dell’ambiente costituendo un prototipo di sviluppo esportabile all’esterno. Inoltre l’istituzione della Riserva Naturale ha costituito per Acquapendente un’occasione di crescita culturale e sociale restituendo a questo paese il luogo di punto di riferimento per i centri vicini ed anche per realtà ben più importanti di quella aquesiana. Tra le attività della riserva si segnalano la promozione del turismo naturalistico di tipo residenziale, l’agricoltura biologica, il servizio di antincendio boschivo, formazione all’educazione ambientale, la ricerca scientifica.
La Via Maerina
La via Amerina fu aperta nel 241-240 a.C. unendo tracciati locali ancora più antichi che collegavano Veio con Ameria attraversando tutto il territorio Falisco e toccando i suoi principali centri: Nepet (Nepi), Falerii, Fescennium (Corchiano), Gallese, Vasanello e Hortae (Orte). A Nord di Amelia riprese altri antichi collegamenti che si dirigevano verso la media e l’alta valle del Tevere lungo il confine con il territorio etrusco (Tuder, Vettona e Perusia), poi verso l’Adriatico attraverso il territorio degli Umbri. I Falisci, che parlavano e scrivevano una lingua simile al latino arcaico, insieme ai Veienti e ai Capenati, abitavano il territorio attraversato dal primo tratto della via Amerina e a partire dal IV secolo a.C. vennero interessati dal processo storico della “romanizzazione” ovvero la conquista graduale da parte di Roma e l’imposizione delle sue leggi, della sua organizzazione politica, religiosa e militare, processo che si concluse alla fine della guerra sociale con la promulgazione della Lex Iulia nel 90 a.C., con la quale venne estesa la cittadinanza romana a tutti gli abitanti della penisola ad eccezione, naturalmente, degli schiavi. Il tracciato della via Amerina, che nel 241 iniziava da Veio, in seguito all’apertura della via Cassia venne spostato più a nord, presso la mansio ad Vacanas (valle del Baccano), vicino all’attuale Campagnano, mentre il primo tratto venne inglobato nella nuova e più importante Cassia. La distanza totale da Roma ad Amelia era di 56 miglia come ci riferisce Cicerone nell’Orazione Pro Sexto Roscio Amerino (circa 80 a.C.). Tale distanza viene pressoché confermata dalla Tavola Peutingeriana che di miglia ne segna 55, cioè 21 da Roma alla mansio ad Vacanas sulla Cassia e altre 34 fino ad Amelia. Dopo Amelia, la strada proseguiva verso Todi e Perugia; qui si biforcava: un ramo andava verso ovest e a Chiusi si ricongiungeva con il tracciato antico della Cassia; un altro invece raggiungeva Gubbio e a Luceoli (Cantiano) si congiungeva con la via Flaminia. Ambedue le consolari vennero battute nel 220, circa 20 anni dopo l’avvenuto riordino della via Amerina.
Sapevate che…
La via Amerina ebbe un ruolo primario anche in un altro processo fondamentale della grande storia che contribuì alla formazione della cultura occidentale ed europea: la diffusione del Cristianesimo. Lo testimoniano le memorie dei Martiri ed i luoghi di culto dislocati lungo la via. Santi e Martiri di ogni ceto ed estrazione sociale: militari, funzionari dello stato, presbiteri, vescovi, semplici fanciulle a cominciare dai SS. Tolomeo e Romano (Nepi), ai SS. Fermina, Olimpiade e Secondo (Amelia), ai Gratiliano e Felicissima (Falerii novi), ad Illuminata, Cassiano, Fortunato e Terenziano (Todi), e poi Giovenale (Orte), Valentino, fino ad Apollinare e agli altri Santi ravennati.
La Valle del Treja
Valle del Treja è un’area protetta del Lazio, istituita con legge regionale nel 1982, compresa nei territori del comune di Calcata in provincia di Viterbo e Mazzano Romano in provincia di Roma. Ha una superficie di 628 ettari.
L’area protetta, che misura circa 600 ettari, si estende in una zona impervia ricoperta da una fitta vegetazione e percorsa dal fiume Treja. Il Treja nasce dai monti Sabatini e solca profonde gole ricoperte da una fitta e lussureggiante vegetazione forestale fino al fiume Tevere, dove termina il suo percorso.
È facilmente raggiungibile essendo compresa tra la via Cassia e la via Flaminia.
L’area è di notevole suggestione naturalistica, caratterizzata dalla presenza del fiume Treja che scorre su di un letto di roccia tufacea che si interrompe in piccole e suggestive cascatelle nella zona di Monte Gelato.
Tutta l’area è visitabile a piedi o a cavallo seguendo dei percorsi segnalati. La sede del parco si trova nel centro storico di Mazzano Romano.
Nella zona del parco sono presenti resti di insediamenti falisci.
Nei pressi della località Monte Gelato il fiume Treja forma delle cascate, pozze e un laghetto, in corrispondenza di un antico mulino ad acqua. Il luogo è stato utilizzato come location per molti film. È attrattiva turistica in particolare nella stagione estiva
Sapevate che…
La zona è abitata da molte specie animali: la volpe, il tasso, l’istrice, la donnola, il picchio e la ghiandaia, mentre i falchi come nibbi, gheppi, e poiane prediligono le radure circostanti. Tra i rapaci notturni sono presenti: il gufo, la civetta, il barbagianni e l’allocco. Il paesaggio naturale offre una densa vegetazione dove prosperano il leccio, l’orniello, la fillirea, il corbezzolo,il caprifoglio, l’erica arborea,il bagolaro,il carpino, l’acero campestre, il nocciolo, il sambuco, la sanguinella,l’edera, la vitalba, il cerro,il rovere, la roverella, il pioppo bianco e nero, il salice rosso e bianco, il farfaraccio, gli equiseti e le felci,i canneti,la cannuccia di palude e tifa. Tra le specie erbacee sono presenti l’orchidea, i narcisi, Vinca o pervinca, ranuncolo, i ciclamini, le primule e le mammole.
Parco regionale del Marturanum
Il Parco Naturale Regionale del Marturanum si trova nel Comune di Barbarano Romano e ricopre una superficie di 1.240 ettari.
L’area protetta è stata istituita nel 1984 con la Legge Regionale n° 41;Splendido lo scenario naturalistico che spazia dalle profonde forre fluviali ai valloni ombrosi, alla rocce di origine vulcanica.All’interno del Parco si trova la necropoli etrusca, di San Giuliano, patrimonio archeologico e storico della regione.
NECROPOLI ETRUSCA DI SAN GIULIANO
La Necropoli Etrusca di San Giuliano si trova all’nterno del parco Marturanum.
Di età arcaica, la necropoli va risale al VII secolo a.c e comprende tombe di varie tipologie e grandezze, non mancano tumuli del VII secolo, e tombe dell’età ellenistica. Sono visibili, oltre ai tumuli, le tombe a dado, a tetto displuviato, a portico, ipogee, a fossa ed a nicchia. Nell’area archeologica sono anche visibili una bagno di epoca romana, alcuni tratti delle mura medievali e la chiesa romanica di San Giuliano.
A poca distanza a Nord Ovest di S.Giuliano, sulla strada per Vetralla, si può visitare il tumulo di Valle Cappellana risalente alla fine del VII sec. d.c , con due tombe. La prima tomba ha due camere in asse separate da una coppia di poderose colonne doriche, ed il soffitto imitante quello reale, secondo la moda di Caere: nella prima camera vi è un solo letto su basamento costruito (evidentemente un’aggiunta) e, nella seconda, due letti dai piedi torniti. Anche la seconda tomba ha due stanze, ma meno elaborate; vi compare una sedia scolpita ne tufo, di tipo ceretano.
Il Mitreo, Sutri
Non lontano si trova anche un suggestivo MITREO ed ambedue i monumenti fanno parte del Parco Naturalistico-Archeologico Antichissima Città di Sutri.L’Anfiteatro di Sutri rimase interrato e PRATICAMENTE SCONOSCIUTO fino al 1835, quando fu riportato alla luce dalla famiglia Savorelli (proprietaria del fondo e di una bellissima Villa settecentesca facente oggi anch’essa parte del Parco). Questa struttura fu realizzata in varie fasi tra la fine del I sec. a.C. ed il I d.C..
La Necropoli di Sutri
La necropoli urbana di Sutri, uno degli esempi più consistenti di tombe rupestri di età romana nell’ambito del territorio etrusco-falisco, si estende per circa 180 m lungo l’alto costone tufaceo che doveva costeggiare la Cassia.
Oggi sono visibili circa 64 tombe, scavate direttamente nella parete su diversi livelli: si riconoscono tombe a una camera, a doppia camera, tombe precedute da ingresso ad arco, nicchie rettangolari, con o senza incasso per cinerari ed arcosoli. Già nel primo medioevo furono saccheggiate e, nel corso dei secoli, il loro aspetto originario è stato più volte alterato o trasformato, tanto che in alcuni casi la lettura degli esterni e degli interni può risultare abbastanza complessa.
Per l’inquadramento cronologico solo degli elementi fino ad ora esposti, mancando totalmente qualsiasi dato cronologico, ci permettono di affermare che la necropoli sia stata in uso dal I sec. a. C. fino al III-IV sec. d. C.
L’Anfiteatro di Sutri
Interamente scavato nel Tufo, l’Anfiteatro di Sutri è il più antico e conosciuto monumenti di Sutri.La struttura risale ad un periodo compreso tra la fine del II secolo ed il I secolo.
Tutto intorno all’arena corre il podio, su cui si aprono cinque porte per lato. La cavea era suddivisa in tre ordini di gradinate che potevano ospitare fino a novemila persone e che erano raggiungibili grazie a un sistema di scale e corridoi oggi ancora percorribili.
.Dopo la fine dell’Impero Romano l’anfiteatro smise di funzionare, fu abbandonato, l’invaso della cavea si riempì di terra e detriti e così del monumento si perse totalmente memoria. Solo al principio del XIX secolo gli allora proprietari del terreno in cui si trova, e che usavano quest’area a scopo agricolo, si accorsero della sua esistenza; furono così intrapresi i primi scavi, tra il 1835 ed il 1838 che portarono alla totale scoperta della struttura solo un secolo più tardi.
IL PARCO DI SUTRI
Il Parco urbano dell’antichissima Città di Sutri è un’area naturale protetta della Regione Lazio istituita con Legge Regionale n. 38 del 24 giugno 1988. Occupa una superficie di 7 ettari ricadente nel territorio del comune di Sutri, nella provincia di Viterbo.
La Necropoli di Grotta Porcina – Vetralla
il sito archeologico di Grotta Porcina è costituito da una necropoli etrusca riferibile ad un piccolo centro rurale sorto in età arcaica lungo la via che da Blera portava a Castel d’Asso e proseguiva verso nord.
La necropoli occupa la vallata attraversata dal Fosso Grignano e mostra varie tipologie di tombe, alcune delle quali monumentali. Il singolare nome della località allude alla trasformazione delle tombe etrusche in ricoveri per suini, riutilizzo che in alcuni sepolcri ha comportato radicali manomissioni.
Il monumento principale della necropoli è rappresentato da un grande tumulo , meglio conosciuto come Grande Ruota o Castelluzzo e risale alla prima metà del VI secolo a. C. E’ stato ricavato dallo sperone tufaceo scolpendo un tamburo circolare. Coronato da una cornice tripartita è alto 3,5 e il suo diametro è di circa 28 mq.
La valle del Mignone
Il Mignone Nasce sui monti Sabatini, nel territorio di Bassano Romano, a Nord-Ovest del lago di Bracciano, attraversa il territorio dei Monti della Tolfa, di cui costituisce il confine settentrionale, e sfocia dopo 62 km nel mare Tirreno tra Lido di Tarquinia e Civitavecchia presso Sant’Agostino. Il fiume scorre all’interno di territori boschivi, semi boschivi o adibiti a pascolo. Il suo percorso iniziale è a carattere torrentizio e il suo corso ha scavato nel tempo profonde valli ancora oggi pressoché inaccessibili, che conservano specie vegetali ed animali altrove scomparse.
Sapevate Che…
L’importanza di questo fiume è antichissima: basti pensare che in alcune interpretazioni dell’Eneide di Virgilio, Enea al ritorno dalla guerra di Troia, approdò in Etruria alla foce del Linceo prima di colonizzare l’intera zona. L’area geografica che delinea il suo scorrere è variegata per colori, immagini, profumi e culture. Lo scenario di alcune anse incontaminate del fiume o i crinali scoscesi tra antichi resti ne fanno certamente uno tra i paesaggi più emozionanti dell’intero Lazio.