Set 25 2016

FALERIA

l comune di Faleria, già Stabbia, sorge a circa 40 km da Roma a sinistra della via Flaminia, tra i comuni di Rignano, Calcata e Civita Castellana, circondata da un lato dal massiccio del Soratte, mentre dal lato opposto incorniciano l’orizzonte i monti Cimini e i Sabatini. Ebbe anticamente il nome di Stabla, poi Stabbia o Stabia ed infine Castrum Stabie. La denominazione attuale è in vigore almeno dal 1873; recentemente è stato proposto il ritorno al vecchio nome.
L’esatta etimologia di Stabbia è ancora molto incerta, alcuni storici spiegano questo nome come derivato dal latino Stabulum nome di stazione posta lunga una strada etrusca o romana di cui oggi resta sulla via Flaminia la cosiddetta osteria di Stabbia. Altri studiosi invece attribuiscono il nome di Stabbia come derivato da Stabilis, cioè stabile per i suoi poderosi fortilizi e stabili fondamenta.
Il primo insediamento umano a Stabbia avvenne nel luogo della piccola ed interessante rocca tufacea della Rocchetta, situata sotto la Casaccia di Piè di Castello, all’interno della quale sono state ritrovate numerose tracce di insediamenti umani, alcuni dei quali risalenti all’età arcaica.

Stabla è nominata inizialmente nelle bolle di Giovanni XIX e di Benedetto IX e quindi considerata come un feudo, infatti si ha notizia nel XIV secolo che Stabia era tassata per un consumo di 5 rubbia di sale a semestre, ma già al quel tempo apparteneva agli Anguillara, ai quali rimase fino al XVII secolo.Una data, il 1º novembre 1504, è famosa per la vicenda di Girolama Farnese, moglie di Giuliano Anguillara, che fu sospettata di aver tentato con i suoi amanti, di avvelenare il figlio Giuliano, e conseguentemente assassinata barbaramente dal figliastro GiovanBattista. Un’altra data importante è il 28 gennaio 1563, giorno in cui fu emanato un decreto di Everso Anguillara che stabiliva pene per chi tagliava “cerque”, perché “in breve tempo si resterebbe senza selve”.Nel 25 giugno del 1660 Stabia passò al principe Borghese, che la acquistò per 110 mila scudi. Le porte e la cinta muraria vennero abbattute nel 1900 per le nuove esigenze urbanistiche

Set 25 2016

CORCHIANO

Nell’area settentrionale del territorio falisco spicca, per l’importanza della documentazione archeologica, l’insediamento che sorgeva nel sito dell’attuale Corchiano.Tuttora ignoto è il nome antico della città, che si è voluto identificare con la Fescennium di cui parlano le fonti letterarie antiche, la cui fama era legata alla creazione dei “fescennium”, la caratteristica espressione di poesia popolare che sarebbe alla base della satira romana. Sebbene le testimonianze archeologiche non consentano di confermare tale identificazione, è indubbio che il sito di Corchiano ha rivestito, nèll’antichità, un ruolo strategico nel quadro dell’agro falisco, grazie alla posizione particolarmente avanzata e adatta al controllo della via di transito che aggirava i monti Cimini.
Le cosiddette “cavernette falische”, una serie di ripari in grotta qui attestati con una particolare intensità, testimoniano una frequentazione dell’area già nel Paleolitico; la 

nascita dell’insediamento è tuttavia da porsi nell’VIII sec. a.C., come evidenziato dal ritrovamento nel sepolcreto di Caprigliano di tombe a pozzo e a fossa attribuibili a questa fase. La città doveva sorgere nel vicino pianoro del Vallone, difeso su tre lati da due corsi d’acqua – il Fosso delle Pastine ed il Rio Fratta – e protetto sul quarto da un imponente fossato artificiale: scarsi sono i resti dell’abitato, e riferibili essenzialmente a tratti stradali, pozzi, cunicoli ed opere murarie.La fase orientalizzante di Corchiano non mostra caratteri di grande originalità rispetto alle ben più brillanti attestazioni di Falerii, sebbene segnali l’esistenza di una comunità in via di espansione e la presenza, all’interno di essa, di un ceto sociale benestante. L’ampliarsi dell’insediamento è ben testimoniato dall’estendersi della necropoli che, dall’originario nucleo di Caprigliano passa ad occupare le vicine zone del Vallone e di S.Antonio. E’ nel VI sec. a.C. che si deve porre il nuovo assetto delle aree cemeteriali, organizzate ora sulla base di un impianto regolare fondato sulla presenza di assi viari ortogonali sui quali si aprono tombe a camera di tipologia costante, caratterizzate cioè – come in tutto l’agro falisco dalla presenza di loculi parietali sigillati da tegole e di banchine. In questa fase Corchiano risente del rigoglio economico e culturale della capitale FaleTii: indizio di tale prosperità e della presenza di un ceto aristocratico che ama fare sfoggio del proprio status sociale èinfatti la ricchezza dei corredi tombali, nei quali sono presenti preziosi oggetti di ornamento in oro ed argento, ceramiche attiche di notevolissima qualità, servizi da banchetto in bronzo. I secoli successivi vedono invariata questa situazione di benessere, che sembra anzi accrescersi nel IV secolo, quando si assiste al momento di maggiore floridezza del centro: è in questo periodo che sorgono, nel territorio di Corchiano, una serie di piccoli insediamenti aventi una funzione strategica nei confronti della crescente espansione romana e si assiste parallelamente ad una capillare occupazione della campagna, come è evidenziato dai nuclei di tombe disseminate intorno al centro abitato. La rapida ascesa di un nuovo ceto “medio” nell’ambito della comunità locale è testimoniata anche dalla composizione dei corredi funerari, che contengono notevoli esemplari della ceramica falisca a figure rosse, sostituita in seguito da prodotti più correnti e standardizzati a figure rosse, sovradipin— te e a vernice nera, mentre le ceramiche “argentate”, rivestite cioè di una “vernice” che conferiva loro un aspetto metallico, indicano la volontà di riprodurre, in materiale naturalmente molto meno costoso, le forme ed i tipi dei vasi da banchetto in bronzo tipici dei corredi aristocratici. In questa fase di particolare vivacità culturale si può collocare la presenza, testimoniata tra l’altro da iscrizioni in lingua etrusca incise o dipinte sulle tegole di chiusura dei loculi, di un gruppo di persone provenienti dall’Etruria settentrionale interna, stanziatesi a Corchiano ed omologatesi poco a poco alla popolazione locale: l’indizio più eclatante dell’importanza di questo nucleo è fornita dalle due iscrizioni etrusche monumentali visibili ancora oggi lungo le pareti della tagliata di S. Egidio, che menzionano con ogni probabilità i nomi dei costruttori della strada. La recettività di Corchiano nei confronti degli stimoli culturali provenienti dall’Etruria è attestata dalla realizzazione di un’interessante serie di tombe rupestri a portico la cui tipologia mostra stretti contatti con le tombe di Norchia. Come gran parte dei centri minori del territorio, la documentazione archeologica di Corchiano subisce una netta battuta d’arresto in concomitanza con la distruzione di Falerii (241 a.C.) e la conseguente confisca di metà del territorio da parte di Roma

Etimologia – Deriva dal nome latino di persona Corculus con l’aggiunta del suffisso -anus che indica possesso

Set 25 2016

CIVITA CASTELLANA

La storia trimillenaria di Civita Castellana inizia con quella dei falisci, una popolazione che si collocava tra la civiltà degli etruschi e quella dei romani. Le prime tracce di questa civiltà provengono dagli scavi dell’antica Falerii Veteres, che aveva rapporti commerciali con tutto il bacino del Mediterraneo. La maggior parte dei ritrovamenti di grande valore si trovano nel Museo nazionale dell’Agro Falisco che raccoglie anche i reperti rinvenuti nell’area falisca ma anche in altri grandi musei come il Louvre di Parigi. Un popolo guerriero, quello dei falisci, che si scontrò inevitabilmente con la vicina Roma. Sconfitti, i falisci furono letteralmente cacciati dal sito fortificato di Falerii Veteres e costretti a fondare un’altra città su di una piana distante cinque chilometri La nuova città si chiamò Falerii Novi. Dieci secoli dopo, i falisci iniziarono a tornare nella città abbandonata, in seguito alle guerre gotiche e alle invasioni longobarde, dando vita a uno sviluppo urbanistico che ancora oggi conserva

 il suo tessuto medioevale. Falerii Veteres divenne così Civita Castellana. Nel corso dei secoli successivi Civita sarà il luogo dove papi come Clemente III e Adriano IV troveranno rifugio in situazioni di estremo pericolo.Durante il periodo del Rinascimento ci furono lotte tra due famiglie: i Di Vico e i Savelli, fino a quando, nel 1426, la Santa Sede non riaffermò la propria giurisdizione. Da quel momento la città seguì le sorti dello Stato della Chiesa e molti furono i papi che nel corso degli anni la visitarono e vi soggiornarono. Tra questi Alessandro VI, Giulio II, Pio VI. Fu sotto il pontificato di Alessandro VI Borgia che iniziarono i lavori nel forte Sangallo. Era l’anno 1494. L’evento più importante del XVI secolo invece, fu l’attacco che i Lanzichenecchi sferrarono a Civita Castellana nel 1527. Questi per ben due volte cercarono di impossessarsene, avendone compreso l’importanza strategica. La città però riuscì a resistere. Fu in tale occasione che l’archivio cittadino venne bruciato. Civita Castellana in un dipinto Edward Lear (1844). I secoli XVII e XVIII furono secoli di pace e così ci si preoccupò di realizzare alcune opere pubbliche. Nel 1589 venne realizzato ponte Felice, nel 1609 la variante della via Flaminia, nel 1709 il ponte Clementino; il collegamento tra la Cassia e la Flaminia voluto da papa Pio VI risale invece al 1787. Le idee della rivoluzione francese ben presto si diffusero in tutta Europa, Italia compresa. L’espansionismo territoriale francese che ne segu’ giunse anche a Civita Castellana tanto che, nel dicembre del 1798, le truppe francesi, guidate dal generale MacDonald e facenti parte dell’armata del generale Championnet, sconfissero le truppe napoletane guidate dal generale Mack. L’anno seguente gli Aretini si unirono agli altri nemici dei francesi ed attaccarono Civita Castellana. I francesi ben presto si riappropriarono della città e la controllarono fino al 1815. Nel 1860 i garibaldini, diretti a Mentana, si fermarono a Civita. Il 12 settembre del 1870 vi sostò lo stesso Vittorio Emanuele II, diretto verso Roma con il suo esercito, che liberò la città dal secolare potere della Chiesa, annettendola a quello che poi sarebbe divenuto il Regno d’Italia. È nel secolo XIX che a Civita Castellana inizia una svolta economica ad opera di Giuseppe Trevisan, un imprenditore veneto che vi impianta le prime fabbriche di ceramica. Quella della ceramica è una vocazione antica, dovuta anche alla facile reperibilità dell’argilla presente nel luogo. Col passare degli anni, accanto al settore artistico si sviluppa anche quello industriale, che avrà il suo apice nel secondo dopoguerra. I settori di produzione sono i sanitari, seguono le stoviglierie. Nasce il distretto industriale che comprende anche i paesi limitrofi

Set 25 2016

CALCATA

L’antico villaggio di origine medievale sorge nel cuore della valle del treja, arroccato su uno sperone di pietra vulcanica. Calcata compare nelle carte ufficiali a partire dal 700 d.C., quando venne inclusa nel novero delle fattorie che appartengono alla “domusculta” di Capracorum, cioè ad uno dei centri di produzione agricola creati da Adriano I per rifornire Roma di cibo. la Seconda citazione dell’antico Borgo appare in una donazione del castello all’Abate di San Gregorio di Roma, datata 8 marzo 974. A partire da quel momento, a Calcata si contesero il potere una lunga serie di padroni e protettori fino alla cessione del feudo ai Sinibaldi nel 1180. Successivamente subentrò la famiglia degli Anguillara. A causa del disfacimento del castello gli abitanti si trasferirono nella vicina abbazia fortificata di Santa Maria fin quando in pieno rinascimento, nel 1432, il castello ritornò ai Sinibaldi, e poi di nuovo agli Anguillara, e così via fino al XIX secolo quando passa ai Massimo. Nel borgo alcune case di tufo risalgono al 1200, le strade sono lastricate sin dal 1700 con grossi ciottoli di fiume, la piazza con la chiesa è di impianto rinascimentale ed il palazzo baronale, rimaneggiato tra il XVIII e il XIX secolo, è stato restaurato ed è ora proprietà del Parco. Nel paese vecchio vivono stabilmente circa 70 persone, in gran parte provenienti da Roma o da altri centri urbani – ma anche stranieri,  americani, belgi ed olandesi – ed il resto delle abitazioni viene usato come seconda casa o affittato per fine settimana e brevi periodi ai turisti.

Etimologia: Il nome deriva dal verbo calcare in riferimento ad una strada “calcata, percorsa”.

Set 25 2016

VITORCHIANO

Alcuni ritrovamenti testimoniano la presenza di insediamentila nei territori di Vitorchiano durante l’età del bronzo. Situato nella zona meridionale di quella che un tempo era meglio nota come l’Etruria, Castrum Romano divenne un dei centri urbani più fortificati nella parte più meridionale della Tuscia. Nel 1199 Vitorchiano si ribellò all’incalzante pressione di Viterbo che ad ogni costo voleva assoggettare l’antico borgo alla sua potenza, invocando anche l’aiuto di roma che la liberò  dalle milizie Viterbesi nel 1203 Vitorchiano divenne feudo di Roma. Nel 1232 i Viterbesi si impadronirono del paese e lo devastarono. L’Annibaldi fortificò il borgo con nuove mura che resero Vitorchiano praticamente imprendibile, i Vitorchianesi però non sopportarono il suo governo. Fecero dinuovo appello a roma non ottenendo risposta da parte di romani che consideravano ormai l’antico borgo perduto i  Vitorchianesi fecero atto solenne e formale di sottomissione a Roma. Il Senato Romano a questa notizia nominò Vitorchiano “Terra Fedelissima all’Urbe”, le riconobbe ampie esenzioni fiscali, le consentì di aggiungere al proprio stemma la sigla S.P.Q.R., di Fregiarsi della Lupa Capitolina e di usare il motto Sum Vitorclanum Castrum Membrunque Romanorum , cioè Vitorchianom, castello e
parte di Roma.

Il privilegio più importante fu rappresentato dall’onore di fornire gli uomini per la guardia capitolina. Essi furono denominati “Fedeli di Vitorchiano”. Questo privilegio è stato costantemente esercitato da Vitorchiano dal 1267 fino ai nostri giorni. Ancora oggi è possibile ammirare la Guardia del Campidoglio nei costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti, nelle manifestazioni ufficiali del comune di Roma.

Etimologia- Chiamato Vitorclano, deriva dal latino vicus Orclanus dal nome Orcla.

Set 25 2016

VIGNANELLO

Antico centro Falisco si sviluppò fin dal IX secolo a.C. grazie ad una aggregazione di diverse popolazioni che stazionavano nel territorio circostante. Numerose sono le testimonianze pervenute dall’area archeologica di corredi funerari risalenti al VII secolo a.C. Ritrovamenti di Ceramiche Attiche e altri manufatti in oro testimoniano l’intensa attività commerciale di cui beneficio sin dai primi secoli di insediamento grazie alla sua strategica posizione almeno fino alla prima metà del III Secolo a.c quando iniziò un lento ma progressivo periodo di decadenza e il centro Falisco fu assorbito dalla potenza di Roma in forte espansione. Situato allle  pendici collinari che dal Monte Cimino scendono verso la valle del Tevere  le origini di Vignanello provengono da leggende piu o meno attendibili che presentano la nascita dell’attuale centro per opera di un gruppo di persone messe in fuga dalle invasioni dei Goti, capeggiati da Alarico che  trovarono nelle terre dell’antico centro falisco una dimora di sicurezza grazie alle folte boscaglie che consentirono loro un rifugio iniziale. 

Inizialmente le popolazioni rifugiate scavarono grotte nella roccia e successivamente iniziarono la costrutzione di abitazion in muratura. A partirre dal 604 Vignanello fu sotto il controllo della Chiesa. Nel 853 i Monaci Benedettini edificarono l’antica rocca, mentre nel 1169  Barbarossa donò l’antico borgo alla città di Viterbo. Durante il periodo Medievale e precisamente nel 1228 dopo due anni di sanguinose lotte i Prefetti di Vico lo tolsero ai Viterbesi, che in quest’occasione ne demolirono la rocca. Sccessivamente  subentrarono  gli Orsini e in seguiro Vignanello fù teatro di  contese fra le varie famiglie fin quando a che nel 1531,  Papa Clemente VII lo concesse in feudo perpetuo a Beatrice di Pier Bertoldo, del ramo di Latera della famiglia Farnese.
Alla morte di Beatrice Farnese, le succede nel governo del feudo la figlia Ortensia, sposata con Sforza Marescotti. Papa Paolo III conferì loro il titolo comitale ed il castrum di Vignanello venne cosi’ eretto a contea. Alla morte di Sforza e Ortensina Beatrice ando in mogle di Girolamo dei Conti di Marsciano. Nel 1545 Ortensia divenne vedova vedova e  governò da sola Vignanello fino al maggio 1549, quando sposò  il Conte Ranuccio Baglioni.
Nel 1553 anch’egli fu assassinato da una congiura di vassalli che il conte costringeva a lavorare ad oltranza per realizzare lo scavo del fossato attorno alla rocca. Alla Morte di Ortensia nel 1582 successe figlio Alfonso Marescotti successivamente suo figlio Marcantonio a cui venne confiscato il feudo poiche come suo padre compì ogni sorta di delitti nei confronti dei vignanellesi ma el 1604  intervenne il papa che impose  a restituzione del feudo a Marcantonio. I vignanellesi nonostante cercarono in ogni modo di imporsi furono  costretti ad accettarlo. L’equilibrio si ristabilì con Marcantonio Marescotti, primogenito di Sforza Vicino a cui successe il feudo, ebbe  inizio un epoca di serenita’ per Vignanello. Questo periodo di stabilità trovo il culmine del massimo splendore con Alessandro Marescotti Capizucchi e con suo figlio Francesco Maria, fra il 1688 ed il 1731.  In questo periodo vennero effettuate numerose opere tra cui la  realizzazione dei due Borghi (San Sebastiano e Molesino), la porta che guarda a Vallerano, la Chiesa dei SS. Angeli Custodi, la casa del governatore, la Chiesa Collegiata, il palazzo con gli archi. Il principe Francesco Maria Ruspoli, nel 1707 ospitò a Vignanello Georg Friedrich Handel, che qui compose e suono’ delle cantate. Nel 1798 I vignanellesi riuscirono a fronteggiare l’assedio da parte dei Francesi, che a seguito della rivoluzione di roma si dirigeva verso Napoli, barricandosi nel castello rispondono al fuoco.
Nel 1870, con l’unita’ d’Italia,  Vignanello entrò a far parte del Regno d’Italia  d’Italia.

Set 25 2016

VALLERANO

Sebbene le prime tracce di insediamento sembrano risalire all’età del bronzo sono la presenza di numerose tombe etrusche a dare una testimonianza attendibile dell’effettiva  intergazione di Vallerano nel territorio dell’etruria.
Soltanto dopo il 300 a.c. con il passaggio dei Romani nella Selva Cimina e con la sconfitta degli etruschi nella battaglia del Lago di Vadimone, l’intero territorio subì il dominio di Roma e, in seguito, le incursioni barbariche con devastazioni e distruzioni, spopolamenti e abbandoni degli insediamenti abitativi. Dopo VIII secolo Vallerano entrò a far parte del Patrimonio di San Pietro con l’atto di donazione che papa Adriano IV che sottoscrisse tra il 1154 e il 1159. Tra il 1188 e il 1278 Vallerano passo sotto il controllo dei  Di Vico successivamente agli Orsini e di nuovo alla Città di Viterbo per ritornare sotto gli Orsini nel 1306. In seguito all’Ospedale Santo Spirito in Sassia e poi nuovamente sotto lo Stato Pontificio per
essere infeudato a Domenico Ronconi di Rossano.Intorno al 1500 fu assegnato alla proprietà della Camera Apostolica per poi passare a Pier Ludovico Borgia. Risale al  1536 la bolla apostolica di Paolo III emanata a Viterbo il 19 settembre del 1536 che approvo lo Statuto di Vallerano. Infine subentrarono i Farnese fino a quando, con la distruzione del Ducato di Castro del quale Vallerano, sotto Ranuccio il Vecchio, entrò a far parte, ritornò nel possesso dei pontefici intorno al 1785. Nel 1870, infine, Vallerano entrò a far parte del Regno d’Italia.
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Set 25 2016

SUTRI

Le origini dell’ Antichissima Città, appellativo conferitogli da Innocenzo III sul finire del 1100, risalgono all’età del bronzo sebbene numerosi  reperti ceramici  testimoniano che i primi insediamenti umani nei territori di Sutri avvennero già durante la preistoria.
Secondo la leggenda Sutri fu fondata da un popolo di navigatori orientali: i Pelasgi. Altre leggende parlano della fondazione da parte di Saturno, padre degli Dei, che appare a cavallo con tre spighe di grano in mano.
Porta dell’etruria come la ricorda Livio Sutri deve gran parte del suo spelndore alla posizione geografica di cui ha sempre beneficiato e che le permise di controllare il commerico della zona interna dell’Etruria. Situata alle pendici dei Monti Sabatini e dei Monti Cimini lungo la via francigena, l’antica via è fin dai tempi più lontani percorsa da migliia di pellegrini che alla ricerca della “Perduta Patria Celeste” raggiungevano roma da Canterbury per visitare le tombe e il luogo del martirio dei Santi Pietro e Paolo. Per tale motivo Sutri divenne una delle numerose submansiones dei Templari. Numerosi scontri e lotte per la supremazia si alternarono tra il V e l’VIII secolo tra Longobardi e Bizantini.

Dopo la caduta di Vejo nel 396 a.c Sutri costituiva un caposaldo del territorio Etrusco che Roma doveva assoluta recuoerare per avanzare in Etruria .Nel 389 a.C. il Tribuno Romano Mario Furio Camillo conquistòla città, ma solo nel 310 essa si sottomise definitivamente a Roma, quando fu instaurata la colonia di Julia Sutrina. Durante l’insediamento Longobardo nel 728 il Re Liutprando donò il castello di Sutri a Papa Gregorio II. Questa data, meglio conosciuta come donazione di Sutri, segnò la nascita dello stato pontificio.Nell’800 si Tenne a Sutri il famoso incontro tra Carlo Magno e Papa Leone III, prima della storica cerimonia dell’incoronazione. Nel 1046 si tenne a Sutri un importante conciglio indetto da papa Gregorio VI su richiesta dell’imperatore Enrico III per porre fine ai disordini fra diversi candidati rivali al papato.Fu eletto Suidgero, vescovo di Bamberga con il nome di Clemente II.
Durane l’età feudale fu al centro degli scontri tra Guelfi e Ghibbellini, nel 1433 Il capitano di Ventura, Niccolo Fortebraccio, incendio la città distruggendo completamente l’antico borgo. Questa data segno l’inizio di un lento ma progressivo declineo della città.
A peggiorare la situazione contribui anche il dirottamento delle rotte commerciali ad opera di Paolo III Farnese che potenziò la variante cimina della Cassia cimina. La cittadina di Sutri, da questo momento, diviene uno dei tanti borghi della Tuscia  assoggettati allo Stato Pontificio .
Alla fine del XVIII secolo, Sutri fu conquistata dalle truppe francesi e accomunata a Ronciglione. Fu resa allo stato pontificio solo durante la restaurazione.Sutri, con l’affermarsi del Cristianesimo, diviene sede vescovile a partire dal V secolo Il primo vescovo a risiedere a sutri fu Sant’Eusebio 465. Fu inoltre sede papale per il corso di un anno, tra il 1243 e il 1244 quando Papa Innocenzo IV si stabili nella città di sutri per sfuggire all’imperatore Federico II dopo averlo scomunicato.

Etimologia – Anticamente chiamato Sutrium, potrebbe derivare dall’etrusco Suthri, forse dal tema sutro (sterile) riferito all’aridità della terra

Set 25 2016

SORIANO NEL CIMINO

na delle piu antiche testimonianze di Soriano al Cimino si devono a tito livio quando nel 433 narro nella “ab Urbe condita Historia” l’invasione delle milizie Romane capeggiate dal console Quinto Fabio Massimo Rulliano a Soriano.
Tra il VI e l’ VIII secolo, Soriano fù teatro di numerosi incursioni da parte dei Longobardi comandati dal Re Liutprando e il territorio di Soriano fu donato al Papato. Nei secoli successivi tra il VIII e il XIII Subentrarono i monaci Benedettini dell’Abbazia di Sant’Andrea in flumine  poi a quelli del monastero di S. Silvestro in Capite di Roma e infine a quelli del convento di San Lorenzo fuori le mura di Roma.
Il Borgo Medievale fu edificato attorno alla torre-fortezza della famiglia dei Guastapane-Pandolfodurante nel  XIII secolo. Nel 1250, Federico II durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini soriano diede asilo a Rosa da Viterbo nel feudo di Soriano, adolescente esiliata con tutta la famiglia schierata con la fazione dei ghibellini.
Nel 1278 i Guastapane-Pandolfo furono spodestati dalla baronia di Soriano perche accusati di eresia. Subentrarono gli Orsini con Orso, nipote di papa Niccolò III. Papa Niccolo III fece edificare il castello intorno alla torre-palazzo dei Guastapane-Pandolfoche e vi abitò la rocca nelle estati del 1279 e 1280 dove morì nell’autunno del 1280.
Gli Orsini mantennero il feudo Sorianese fino al 1366, quando, sotto il pontificato di Urbano V, lo vendettero alla Santa Sede. Nel 1431  fu eletto Papa Eugenio IV per volontà degli Orsini ma i Colonna si ribellano al papato alleandosi con Giacomo di Vico, noto esponente della famiglia appartenente ai prefetti di Vico signori di Vetralla. Alla fine del 1431 il borgo e il castello furono dati in consegna al cardinale Giovanni Vitelleschi e i Colonna si accordarono con il papa isolando il Di Vico che venne decapitato sul sagrato dell’attuale Chiesa di Sant’Eutizio.
Il primo statuto comunale risale al periodo che va dal 1447 al 1455, periodo di splendore sotto il pontificato di Niccolo V.  Nel 1484 fu incoronato Innocenzo VIII e Soriano fu assegnato in vicariato perpetuo al cardinale Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI, il quale nominò castellano lo spagnolo Didaco de Carvajal. Il 7 novembre 1489 Carvajal fu assassinato, tradito dal conte Pietro Paolo Nardini, feudatario di Vignanello, che cercò di impossessarsi di Soriano insieme a quattro cortigiani suoi complici. La popolazione riusci a catturare il Nardini, e lo uccise gettandolo  dalla torre più alta del castello.
Il 12 dicembre il Papa, per premiare il coraggio e la fedeltà della popolazione, promulgò la Bolla d’oro, una deliberazione con cui concesse alla popolazione autorizzando l’aggiunta del motto Fidelitas sullo stemma cittadino. Meglio conosciuta come “la battaglia del fosso del buon’incontro “viene rievocata ogni anno durante la sagra della castagna. Numerose opere architettoniche di abbellimento e restauro risalgono alla prima metà del XVIII e si devono alla famiglia Albani, famiglia Legata a Papa Clemente XI che nel 1715 acquistò la citta di Soriano. Tra le le opere ricoridiamo: il completamento e la costruzione del palazzo di Papacqua, il restaurano di numerosi monumenti e chiese, tra cui la nuova facciata della chiesa di Sant’Eutizio, la principale chiesa della parte antica del paese. Alla Morte dell’ultimo esponente della famiglia Albani priva di eredi maschili Soriano passo alla famiglia Senese dei principi Chigi nel 1721 che rinunciano alla giurisdizione sul feudo di Soriano nel 1848 cedendolo allo Stato Pontificio  che esercitò la giurisdizione fino al 1870. Durante il Risorgimento il territorio sorianese fù caratterizzato da forti fermenti: sia durante la Repubblica Romana del 1849, sia durante il tentativo insurrezionale del 1861 e dalla rivolta garibaldina del 1867: molti sorianesi parteciparono alla battaglia di Bagnoregio dell’ottobre 1867. Soriano entrò a far parte delle del nascente Stato Italiano unificato il 12 novembre 1870 occupata dalle truppe italiane dirette a Roma.
Durante Il secondo conflitto mondiale Soriano fu occupata dalle truppe naziste in ritirata.
Set 25 2016

RONCIGLIONE

Alcuni ritrovamenti di una Necropoli nelle Valli Tufacee di Ronciglione testimoniano che i primi Insediamenti abitativi risalgono al periodo Etrusco, l’antico Borgo fu edificato solo a partire dal 1045 per volere dei prefetti di Vico. Potente famiglia di origine tedesca, prese il nome dal lago su cui dominò e su cui fece edificare un alto castello a picco sul promontorio di cui ancora oggi restano le rovine, note come  “il Castellaccio”. Durante il periodo della decadenza dell’Impero numerosissime  furono le incursioni di popolazioni Germaniche che si alternarono negli anni mettendo a dura prova lo sviluppo dell’antico Castrum. I di Vico dominarono a partire dall’anno Mille per circa quattro secoli fin quando l’ultimo signore Giacomo di Vico nel 1435 fu decapitato a Vetralla da Giovanni Vitelleschi su ordine del Papa Eugenio IV, a cui si era ribellato. Si susseguì per volere dello stesso Papa il conte Everso d’Anguillara che ebbe il controllo sulla cittadina e sui paesi limitrofi per circa trent’anni. Nel 1046 Papa Paolo II si riimposseso della contea nominando propri governatori tra cui il cardinale Giuliano della Rovere, nipote di Sisto IV che più tardi divenne anch’egli Papa, con il nome di Giulio II. Questa data segnò la fine del potere della famiglia degli Anguillara.
Successivamente la contea di Ronciglione con Papa Paolo Farnese III fù unita al ducato di Castro per Pier Luigi Farnese, famiglia influente che domino anche su Piacenza e Parma.
Durante il periodo Rinascimentale con i Farnese,  furono edificati  numerosi edifici che furono edificati tra cui la Fontana Grande, Porta romana, la Chiesa della Pace, il Palazzo della zecca, (andato distrutto nella guerra del 1944). Con Lo svilippo industriale Ronciglione  fu trasformata da agricola in una cittadina industrialecon l’apertura di ferriere, cartiere, e di altri opifici. Ci  fu un incremento notevole della popolazione che passò da 3000 abitanti a 5500. Nel 1649 la cittadina tornò dinuovo sotto il diretto controllo Papale con Papa Urbano VIII . La sconfitta della famiglia Farnese avvenne con la totale distruzione della città Castro, che dopo cinque ore di combattimento fu rasa al suolo ” senza lasciar pietra su pietra”. Fu nel 1728 che ronciglione ottenne il titolo di Città conferitogli da Papa Papa Benedetto XIII.
La fine dello splendore della città si ebbe durante la Rivoluzione Francese quando si oppose al passaggio delle truppe Napoleoniche e il Generale Valterre saccheggio la citta  massacrando 85 cittadini, il 28 luglio 1799. Nonostante i numerosi lavori per riedificare la Citta ronciglione non riuscì più a tornare all’antico splendore. Durante la seconda guerra mondiale fu bombardata il 5 Giugno del 44.

Etimologia 

Deriva dal termine “Ronco” frequente in zona con l’aggiunta dei suffissi -ilia e -one.