“Hai presente quel pezzo di Venditti, il verso dove canta: … e mio padre, una montagna troppo grande da scalare…? Anche mio padre è stato una montagna. Bello come un attore, dal carattere fortissimo. Mi rivedo piccola, quando in punta di piedi lo guardavo oltre il bancone di marmo del negozio. E spesso, nei momenti di quiete, lo sento ancora qui accanto a me”. Voce dolce, tratti delicati, determinazione unita a grande competenza e professionalità: Simonetta Coccia è uno dei volti nuovi e più rappresentativi dell’imprenditoria femminile viterbese.
Una figlia prima ancora di essere imprenditrice. “Con la sua vita interamente dedicata al lavoro, papà ci ha regalato l’immenso valore dell’esempio”, aggiunge commossa. La famiglia Coccia è una delle più note del capoluogo della Tuscia: il papà Sesto, originario della provincia di Perugia, arrivò a Viterbo nella prima metà del Novecento e aprì la prima piccola bottega di salumiere nel quartiere più antico, San Pellegrino. Gli anni passarono: con i sacrifici e il lavoro l’attività crebbe e prosperò. Sesto si sposò ed ebbe tre figlie. La sua impresa, pur acquisendo un carattere sempre più ampio, rimase per suo preciso volere di carattere famigliare e artigianale. Simonetta Coccia è la minore delle figlie di Sesto. “Mentre andavo a scuola, avevo 16 anni e papà si stava già ammalando ed , ho cominciato a lavorare fianco a fianco a lui, pur studiando , Collaboravo alla gestione amministrativa. Avevamo un rapporto simbiotico, fatto di affetto e di sintonia sul lavoro. Non mancavano i momenti conflittuali”, ricorda Simonetta. Quando il fondatore è venuto a mancare, è stato naturale per Simonetta subentrare nell’amministrazione e nella gestione dei clienti e dei fornitori.
“Non nascondo che quando mi sono trovata a occupare la scrivania che era stata di mio padre, ho avuto un attimo di sconforto. Era un personaggio conosciuto da tutti, un uomo di vecchio stampo, per il quale bastava una stretta di mano a suggellare un accordo. Sentivo forte le aspettative altrui, di cercare di mantenere l’azienda di famiglia ai livelli cui era giunta e anzi, di farla crescere. E questo, in un ambiente prettamente maschile, non è stato affatto semplice. Ho dovuto lavorare tanto”.
Amministrare “monocraticamente” una P.M.I. significa non potersi permettere il lusso di “specializzarsi” ed essere costretti ad avere una visione d’insieme, della produzione, del marketing, della finanza, delle vendite. Gli ultimi anni li ho dedicati all’avvio dei progetti e-commerce e di esportazione. Ho condotto lo stabilimento di produzione alimentare ad ottenere la certificazione ISO 22000, l’accesso al mercato canadese a quello asiatico, dove già esportiamo e la registrazione FDA statunitense, in prossimità del completamento dell’iter per l’ammissione anche su quel mercato.
La ditta fondata da Sesto Coccia è oggi una grande realtà che dà lavoro a diciannove dipendenti e con orgoglio, devo dire che si ritiene essere un “buon posto” dove lavorare.
Non sono certa né di avere ancora appreso “come fare “né di “saper fare bene”, ma sono certa che la mia passione mi spinge ogni giorno a fare meglio, anche partecipando a diversi corsi sia universitari sulla storia del cibo e come Maestra assaggiatrice “ONAS”, che mi permette di partecipare a diversi panel e di potermi confrontare con altri produttori per migliorarmi o per dire: “be’ noi siamo i migliori” …….
Dal 2015 faccio parte del Consiglio Direttivo della Sezione Alimentare di Unindustria e dal 2020 sonno Presidente della Piccola Industria di Viterbo con nuovi impegni e con dinamiche relazionali nuove rispetto a quelle vissute tra le mura dell’azienda.
All’interno dell’azienda che si estende per 2200 mq, c’è un punto vendita dove luci, sapori, colori rendono il tutto una “meraviglia sensoriale”. Ho sempre seguito i consigli di mio padre per non acquistare mai nessuna cella di congelamento, per garantire sempre la massima “espressione del sapore”, in ogni prodotto, poiché lavoriamo esclusivamente carni fresche selezionate.
Per la fornitura di carne suina, vengono privilegiati gli allevamenti italiani etici, che perseguono una politica cruelty free. La nostra sussianella appartiene inoltre, al circuito Slow Food, un ente internazionale che promuove il rispetto del cibo e di chi lo produce, in armonia con gli antichi saperi e con le variegate tradizioni locali. Inoltre, i salumi dello stabilimento viterbese vantano il marchio Tuscia: sono realizzati cioè seguendo un disciplinare stilato dalla Camera di Commercio locale, che tutela e promuove prodotti di comprovata tipicità e qualità, garantendone l’origine. “La nostra è un’attività che da una parte è riscoperta e valorizzazione degli antichi prodotti tipici del nostro territorio; dall’altra è sperimentazione e ricerca, per la realizzazione di nuove specialità”. Se il segreto per la realizzazione dei prodotti Coccia viene custodito gelosamente, come farebbe qualsiasi artigiano orgoglioso del proprio lavoro, non è un segreto invece il motivo per cui l’azienda di Simonetta e della sua famiglia abbia raggiunto i lusinghieri risultati odierni. “La passione, la cura che mettiamo nel nostro lavoro. E personalmente, credo molto nella collaborazione fattiva tra imprenditore e collaboratori. Come datrice di lavoro sono sempre estremamente disponibile e questo credo sia la parte vincente della mia attività”.
Un’attività vincente che è stata anche riconosciuta dalla sezione viterbese di Fidapa – Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari, della quale Simonetta è membro. “Le donne imprenditrici non sono purtroppo molte: il mondo declinato al maschile rema ancora contro. Ma tra noi esiste una bella solidarietà.
https://www.salumificiococcia.it/intervista-a-simonetta-coccia-la-signora-dei-salumi-della-tuscia/